Il cemento Italia affossa: Italcementi chiuder? 9 dei 17 stabilimenti

Giovanni Ferrario direttore generale ItalcementiAnni molto difficili in Italia per il settore del cemento, travolto da una crisi immobiliare senza precedenti che ha riportato il Paese sui livelli degli anni ‘60.

Il gruppo Italcementi che ha un business internazionale, nel “Progetto 2015” ha rivisto la strategia produttiva, ridimensionando fortemente la propria presenza in Italia. A spiegarlo ieri, nel corso dell’assemblea dei soci, il direttore generale Giovanni Ferrario.

Italcementi è il primo produttore italiano di cemento con una quota di mercato del 30% e 5.000 dipendenti. Il 2012 è stato un anno disastroso con una perdita di 362 milioni di euro. Ferrario ha cosi annunciato un programma di riduzione dei costi, che partirà dalla chiusura di 9 tra i 17 stabilimenti presenti sul territorio, che comporterà un risparmio di 110 milioni di euro.

Non è un momento facile per Italcementi considerando un evidente eccesso di offerta rispetto ad una domanda che almeno in Italia è piuttosto debole con prospettive non entusiasmanti. La risposta della società che ha un indebitamento importante è volta anche ad evitare ulteriori downgrade da parte delle agenzie di rating con conseguenti ripercussioni in termini di costo del debito.

Gruppo industriale ItalcementiMoody’s ha sottolineato tuttavia che sarà difficile ottenere un miglioramento del merito creditizio nonostante il coraggioso programma di riduzione dei costi, anche per via di un business che vive un difficile momento congiunturale.

Tornando alla chiusura degli impianti in realtà è inserita in un processo già iniziato con la cessione della struttura produttiva di Pontassieve, e la trasformazione in centri di macinazione di due industrie. Attualmente sono 14 quelle che producono cemento. Tra queste, sono sei le strutture di eccellenza che non dovrebbero subire ridimensionamenti: Calusco, Rezzato, Colleferro, Samatzai, Matera e Isola delle Femmine.

La strategia del gruppo volgerà verso una maggior internazionalizzazione, puntando ai Paesi emergenti con in primis Thailandia e India, che stanno vivendo uno sviluppo notevole con prospettive ancora in crescita.

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