La dimissioni annunciate dal governo Monti potrebbero riportare nuovamente la speculazioni sui mercati finanziari europei, sponda periferici con conseguenze negative sull’intera economia mondiale. In realtà quanto messo in atto in questi mesi dai leader europei e dalla Bce dovrebbe consentire di attutire il colpo, con lo scudo antispread pronto ad intervenire a sostegno dei bond sui mercati finanziari.
Il vero timore secondo Christine Lagarde è legato al Fiscal Cliff, il burrone fiscale in cui scivolerebbe l’economia statunitense qualora non venisse rinnovato il programma di sgravi fiscali e incentivi da 600 miliardi che valgono tra i 3 ed i 4 punti di Pil. Il Fmi lancia il monito sulla situazione in corso, con democratici e repubblicani che continuano a trattare per raggiungere un’intesa entro la fine dell’anno.
Nei giorni scorsi il presidente della Casa Bianca Barack Obama si è detto ottimista sul raggiungimento di un accordo in tempi brevi, ma altre fonti di stampa rivelano divisioni importanti tra le parti, che potrebbero risolversi solo all’inizio del prossimo anno.
Da Washington Lagarde chiede attenzione ai politici Usa e contrattacca a chi sostiene che gli Stati Uniti stanno subendo ripercussioni dalla difficile situazione economica in Cina ed in Europa sottolineando che gli States sono poco vulnerabili a fattori esterni ma dipendono molto dalla situazione interna.
I democratici avrebbero presentato ai repubblicano una proposta di riduzione del deficit a 2000 miliardi di dollari in un orizzonte temporale di 10 anni che arriverà attraverso tagli di spesa ma soprattutto con aumenti di tasse per i più ricchi. La controproposta dei Repubblicani invece prevede una riduzione di 2.200 miliardi di dollari che arriverebbe attraverso un taglio della spesa pubblica senza aumentare le tasse ai cittadini americani più abbienti.
Insomma le parti sono piuttosto distanti e proseguono serrate le trattative, con una sintesi potrà esser trovata solo se entrambe le parti decidono di andarsi incontro.
Nei prossimi giorni si avranno sicuramente maggiori dettagli sulla trattativa e si comprenderà se il raggiungimento di un’intesa sarà possibile entro la fine dell’anno. Se gli Stati Uniti dovessero finire in recessione le conseguenze sistemiche sarebbero devastanti per il resto del mondo, considerando che l’Europa si trova in una situazione già di elevata difficoltà e l’Asia registra una normalizzazione della crescita economica.