Il tormentone Grecia torna a far sentire il suo alone sull’Eurozona. Il premier greco Antonis Samaras dopo aver annunciato l’intesa con il Troika per l’attivazione dei tagli da 13,5 miliardi di euro, riprende la sua personale lotta contro Bce e Fmi per ottenere una proroga all’austerità di ulteriori 2 anni rispetto a quanto concordato.
Il neo eletto presidente sostiene che il Paese è alla fame dopo cinque anni di recessione ed ha necessità di interventi di sostegno alla crescita, perché altrimenti rischierebbe di collassare definitivamente.
Non sarà facile però convincere i leader europei, ormai scettici dopo le promesse mai mantenute dell’ex premier Papandreou. Saranno fondamentali i prossimi vertici in programma. In giornata il premier incontrerà Jean-Claude Junker, elemento fondamentale perché presidente Eurogruppo, al quale illustrerà il programma di risanamento che ha in mente per poi conferire con Angela Markel.
La posizione tedesca è quella più dura sull’argomento, non sarà facile convincere il cancelliere che nell’ultimo periodo ha già fatto numerosi passi indietro rispetto alla linea tenuta dall’inizio del suo mandato.
La Grecia continua ad esser legata indissolubilmente al cordone ombelicale della Bce e non può andare contro le imposizioni del Troika che avrebbe già in mente, stando alle ultime indiscrezioni, ti rimpinguare le casse elleniche di altri 30 miliardi di euro di aiuti. I nuovi aiuti sono indispensabili altrimenti il Paese non sarà in grado di pagare stipendi e pensioni.
La posizione tedesca sull’argomento si è ammorbidita tanto che si è disposti ad avallare questo nuovo intervento, purché il Troika dia esito positivo ed anche il Fmi si dichiari disposto a contribuire.
Un tassello fondamentale, al di là delle rassicurazioni di Samaras è la concreta messa in atto delle misure di austerità già concordate. Si tratta di una pretesa che contrasta con gli sforzi del neo eletto presidente del Consiglio che in realtà vorrebbe chiedere altro tempo per risanare i conti prorogando di due anni il tempo necessario a raggiungere un deficit del 3%.
La buona dialettica di Antonis Samaras potrebbe anche convincere i leader internazionali. Lo stesso premier ha sottolineato che sono stati fatti importanti passi in avanti come la sostanziale riduzione dei dipendenti pubblici e la riorganizzazione più efficiente della spesa pubblica.
Il premier ha ribadito che è fondamentale rimanere nella moneta unica, un’uscita avrebbe effetti catastrofici per il Paese con una disoccupazione al 40% ed almeno ulteriori 5 anni di recessione.