Dopo Grecia, Irlanda e Portogallo anche la Spagna bussa agli aiuti per ricevere un assegno da 100 miliardi di euro, finalizzato a ricapitalizzare le proprie banche sempre invischiate nella bolla immobiliare che da ormai diversi anni ha colpito il Paese iberico.
Mancherebbe all’appello soltanto l’Italia a questo punto per completare il quadro dei Piigs, l’acronimo utilizzato per racchiudere i Paesi che vivono in maniera più intensa la crisi. Il governo madrileno ha ceduto al braccio di ferro con Fmi e Bce, ed ha accettato gli aiuti dopo aver mosso opposizione contro le preteste dei due organismi internazionali.
Le regole europee impediscono di ricapitalizzare direttamente le banche. L’operazione infatti deve passare necessariamente attraverso lo Stato iberico, che si occuperà poi di switcharli verso gli istituti di credito che registrano maggiori difficoltà. Tra questi certamente Bankia. L’istituto di credito, nato dalla fusione tra 7 banche regionali, dopo aver registrato una perdita di 3 miliardi di euro dovuta soprattutto alla crisi immobiliare, ha presentato una richiesta di liquidità per 19,5 miliardi.
Ma sono anche altri gli istituti in difficoltà, pronti ad uscire allo scoperto per formalizzare una richiesta di aiuti. Negli ultimi giorni le pressioni sull’Eurozona sono giunte soprattutto dagli Stati Uniti, con il presidente Obama più che mai determinato a sostenere la ripresa del vecchio continente, date le forti implicazioni sull’economia americana.
Il segretario al Tesoro Usa Geithner è convinto che la situazione, dopo gli aiuti alla Spagna, è diretta verso la stabilità.
Tornando al prestito, secondo le indiscrezioni di stampa gli aiuti concessi non imporranno alla Spagna il raggiungimento di determinati paletti di bilancio. Sarebbe paradossale, anche perché negli ultimi giorni si è parlato con forza della possibilità di concedere un anno di tregua al Paese per il raggiungimento dell’obiettivo di pareggio di bilancio.
I dettagli del piano si conosceranno soltanto nei prossimi giorni, ma c’è da tirare per ora un sospiro di sollievo, sperando in una riduzione degli spread. A questo punto l’appuntamento chiave è quello del prossimo 17 giugno, in cui in Grecia si tornerà alle urne per eleggere il nuovo esecutivo. Quest’ultima tappa viene giudicata decisiva non solo per il futuro del Paese ellenico, ma per l’intera sopravvivenza della moneta unica.