Brutta chiusura venerdì per i mercati finanziari internazionali, tornati a respirare forti tensioni sull’evoluzione della situazione economica europea. Negli ultimi mesi i listini finanziari hanno registrato forti rialzi, dopo il noto vertice Eurogruppo di fine giugno, nel quale le parti hanno concordato una serie di misura da attuare per portare il salvo la moneta unica.
Da allora è successo molto, come il varo di nuovi stimoli da parte della banca centrale europea, l’istituzione dell’Esm, il fondo di stabilità europeo, e dello scudo antispread, che consente all’istituto guidato da Mario Draghi di intervenire direttamente in caso di attacco speculativo su uno dei Paesi dell’area euro.
Si tratta di avvenimenti che hanno dato ulteriore benzina alle borse, spingendo al rialzo anche gli altri listini mondiali. Ma è tutto risolto? Anche se il clima oggi è più rilassato, sono ancora tante e forse troppe le insidie che potrebbero riportare attacchi speculativi sui Paesi dell’area Piigs, acronimo che riassume le cinque realtà che presentano maggiori difficoltà in Europa (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).
A preoccupare soprattutto Spagna e Grecia. La prima ha necessità immediata di un piano di ricapitalizzazione da 100 miliardi di euro, che l’Eurozona è disposto a concedere ma solo a determinate condizioni.
Il premier Rajoy tuttavia, pur ammettendo l’urgenza di dette risorse, ha innalzato un vero e proprio braccio di ferro richiedendo condizioni migliori in termini di costo di finanziamento e di manovre da porre in essere per risanare il Paese, dopo l’austerity a cui il governo a già sottoposto i propri cittadini.
Il tema ellenico è ancora più caldo. Il Paese sta per terminare la liquidità, e se non riceverà entro la fine di novembre ulteriore iniezioni sarà costretta a dichiarare default. Il premier Antonis Samaras, ha sottolineato che il Paese non è in grado di realizzare i tagli richiesti dalla Troika, perché demoralizzato dalla dura recessione che ha portato la disoccupazione al 25%.
Samaras ha chiesto alla Bce ed al Fmi di rinviare l’attuazione del piano di austerità da 13,5 miliardi di euro, di ulteriori due anni, incontrando l’approvazione dell’organismo internazionale guidato da Christine Lagarde ma non dell’Ue, dove ci sono posizioni come quella tedesca e finlandese che non vogliono più negoziare con la Grecia, accusandola di aver in passato puntualmente disatteso il raggiungimento degli obiettivi concordati.
Ieri il premier italiano Mario Monti ha detto che dopo il Consiglio Europeo di settimana scorsa, è stato deciso che la Grecia non lascerà l’euro e si farà il possibile per rimetterla in salvo, considerando i sacrifici fatti in questi anni dai cittadini e l’impegno del nuovo governo di continuare a lavorare in questa direzione.