All’inizio pareva soltanto una delle tante diatribe tra Democratici e Repubblicani, ora invece è un’ipotesi possibile. Parliamo dello “Shutdown” statunitense, a cui consegue la possibilità di default di una delle più potenti ma indebitate economia al mondo.
Dalla crisi del 2008 ad oggi la banca centrale americana ha adottato una politica monetaria aggressiva, che da un lato ha consentito di superare una crisi devastante in tempi relativamente brevi, ma dall’altro ha indebitato fortemente le casse pubbliche.
In questi giorni se ne sta parlando in tutti gli ambienti e c’è molta preoccupazione in merito, proprio per l’effetto sistemica che avrebbe una decisione del genere. Il muro dei Repubblicani pare però tenere forte, e non sarà facile arginare la situazione.
Olivier Blanchard, capo economista del FMI, nell’ambito della presentazione del World Economic Outolook, ha parlato della difficile situazione politica all’interno del Congresso richiamando ad un maggiore senso di responsabilità politica, anche perché le conseguenze di un prolungamento dello stallo e del mancato innalzamento del tetto del debito sarebbero devastanti oltre che per l’economia locale anche per l’intero sistema economico.
Il rapporto presentato evidenzia i danni che il mancato accordo produce quotidianamente sull’economia, pur sottolineando che, se si tratta di pochi giorni, l’impatto è limitato. La portata di uno stallo prolungato sarebbe invece terribile, avendo un impatto immediato attraverso i mercati finanziari anche in Europa.
Barack Obama si è detto nelle scorse ore pronto a dialogare con i Repubblicani ma su precise condizioni ad esempio escludendo lo shutdown che avrebbe conseguenze sociali pericolosissime. Idem sul discorso default, in un momento positivo per l’economia che registra una crescita importante.
Sarebbe il primo default dell’economia in 225 anni di storia, provocato da un capriccio politico ed una diatriba che continua ormai da diversi anni.
A parlare della difficile situazione è stato nei giorni scorsi anche Warren Buffett, il numero uno di Berkshire Hataway, che ha definito il mancato accordo una “bomba atomica” con effetti devastanti sull’economia mondiale, e rivolgendosi alla classe politica ha esplicitamente affermato: “basta scuse. Votare e riaprire lo Stato Federale prima possibile”.
Ancora più dura la presa di posizione contro i Repubblicani: “non è possibile minacciare la recessione perché si sono perse le elezioni. Non è così che funziona”.
Intanto il FMI ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’economia mondiale nell’anno in corso e nel prossimo anno: per gli Stati Uniti le attese sono di una crescita dell1,6% quest’anno e 2,6% il prossimo anno; in Europa si registrerà una contrazione dello 0,4% nel 2013 e una crescita dell’1% nel 2014, a livello globale la crescita stimata sarà del 2,9% quest’anno e 3,6% il prossimo anno.