Investire in titoli o fondi?

Risparmio gestito o amministrato?

Sono in molti gli investitori, tra novizi e veterani, che si pongono questo dilemma e spesso ricorrono ad entrambe le formule attribuendone un peso diverso. In questo articolo proveremo a dare una risposta, anche se non sarà semplice visti alcuni elementi soggettivi.

investimenti fondiMa qual è la principale differenza tra le due? Essenzialmente, ricorrendo al risparmio amministrato (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, etf, ecc) l’investitore decide autonomamente i singoli titoli da inserire all’interno del portafoglio, con il risultato di combinare un portafoglio spesso scoordinato da un punto di vista di differenziazione e di profilo di rischio/rendimento con risultati molto deludenti.

Investire attraverso il risparmio gestito vuol dire in altre parole acquistare fondi o sicav, che sono portafogli costituiti da una numerosa serie di asset a tema. Ci sono molteplici tipologie di fondi/sicav distinguibili per categoria (azionario, obbligazionario, monetario, bilanciato), per strategia (es. value, growth), per area geografica (Europa, emergenti, internazionali, ecc..).

 Con il risparmio gestito l’investitore acquistando anche pochi fondi ha la possibilità di differenziare in maniera efficiente il proprio investimento. Tra gli elementi criticati dagli investitori vi è la presenza di commissioni di ingresso e di gestione, e talvolta anche d’uscita.

Si tratta di elementi sicuramente da prendere in considerazione e che spesso dipendono dalla banca in cui si procede all’acquisto. Ma anche investire su asset del risparmio amministrato ha costi, considerando anche il fatto che per costruire un portafoglio è spesso necessario acquistare una gran mole di titoli, che produce l’esborso di commissioni di acquisto e di uscita.

analisi investimenti fondiUn recente studio pubblicato spiegava come buona parte dei portafogli dei risparmiatori italiani siano distribuiti tra i famigerati Btp, e in parte in azioni italiane tenute in portafoglio con pesanti perdite. Tutto ciò dimostra che il “fai da te”,  soprattutto nei casi in cui non si hanno le competenze sufficienti per valutare la qualità di un investimento e costruire un portafoglio sufficientemente differenziato, si rivela molto pericoloso per il risparmiatore che spesso non conosce i rischi a cui va incontro.

Anche nel campo dei fondi di investimento non è tutto oro, ossia non mancano le storie negative, tuttavia negli ultimi anni l’industria del gestito si è perfezionata notevolmente ed è in grado di offrire al risparmiatore una vasta serie di opportunità con livelli di rischio adattabili alle caratteristiche dell’investitore.

In sintesi, non si vuol denigrare il “fai da te” ma andrebbe utilizzato da chi ha alle spalle studi e conoscenze tali da consentirgli da un lato di comprendere il livello di rischio-rendimento associato, e dall’altro di costruire un portafoglio sufficientemente differenziato in modo da fronteggiare fasi positive e negative di mercato.

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